Le nostre nuove realtà: Aumentata e Virtuale, le ultime frontiere della tecnologia
- On 18 Dicembre 2015
- digitale, realtà virtuale
Al giorno d’oggi si sente molto spesso parlare di realtà aumentata e realtà virtuale, due concetti che talvolta possono essere scambiati tra loro e generare confusione. Se queste due innovazioni possono sembrare molto simili tra loro, in realtà presentano delle sostanziali differenze. Vediamo di scoprirle insieme.
La Realtà Aumentata (“augmented reality”, abbreviato AR) è l’arricchimento della percezione sensoriale mediante contenuti e/o animazioni virtuali, manipolati e convogliati elettronicamente in tempo reale, che altrimenti non sarebbero percepibili con i cinque sensi.
Per fare un esempio più pratico basti pensare ad Arnold Schwarzenegger nel celebre film “Terminator”, e a come riuscisse a visualizzare le informazioni sui suoi obiettivi. Sì, probabilmente il cyborg sarebbe stato in grado di vederle anche senza i suoi famosi occhiali, ma era per farvi capire il concetto. In parole povere la AR è un’integrazione fra immagini reali ed oggetti virtuali.
Provate ad immaginare di trovarvi in un centro commerciale e vedere un bel televisore: tramite un particolare device (che in realtà a seconda della situazione possono essere un paio di occhiali, così come degli auricolari, guanti o anche smartphone e tablet) vi sarà possibile visualizzare istantaneamente tutte le informazioni che vi interessano di quell’oggetto; specifiche tecniche, recensioni, e simili.
La Realtà Aumentata è possibile grazie ad un software dotato di particolari dispositivi di rendering e tracciamento: questi delineano contenuti o forme dopo aver individuato dei punti fissi in uno spazio e “creano” gli oggetti virtuali desiderati.
Con Realtà Virtuale (“virtual reality”, abbreviato VR) si indica invece la realtà simulata, teoricamente costruita attraverso un sistema immersivo in cui tutti e cinque i sensi possono essere utilizzati permettendo l’interazione con gli oggetti presenti nelle ambientazioni virtuali.
Esistono tuttavia due tipi di VR: immersiva e non immersiva.
Nel primo caso, in cui l’ambiente viene costruito intorno all’utente, viene creata grazie l’ausilio di alcune periferiche, oggi già in parte utilizzate, come:
- un visore, ovvero una sorta di casco che annulla il mondo reale e ne crea uno virtuale
- dei normali auricolari
- dei “guanti” (chiamati “wired gloves”) che possono rimpiazzare i sistemi manuali di input (come ad esempio tastiera, mouse o joystick)
- una cybertuta, la quale può simulare il tatto o realizzare una scansione 3D del corpo dell’utente e trasferirla nell’ambiente virtuale.
Purtroppo vi sono delle difficoltà in questa tipologia di VR: una di esse è la latenza, ovvero il tempo che impiega l’ambiente virtuale ad adeguarsi ai nostri movimenti, generando quindi una sensazione di “finto” nell’utente e anche una sorta di mal di mare, chiamato motion sickness.
Il secondo problema è proprio quello dei supporti: i caschi utilizzati sono troppo pesanti e scomodi, pertanto non possono essere indossati a lungo, inoltre c’è l’impiccio dei cavi che vanno a ledere la libertà di movimento, ed infine vi è il dilemma dei contenuti, che essendo fittizi vanno completamente inventati da zero.
Nella realtà virtuale non immersiva, invece, non si fa uso di caschi o simili, ma l’utente si trova semplicemente davanti ad un monitor, un po’ come nel cinema 3D, con cui può però interagire attraverso strumenti appositi.
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